Il semidio, molto caro alla popolazione tarantina, è caratterizzato dalla leontè, la pelle di leone che indossa sin sulla testa.
Tritone, che sembra cercare di stritolare Eracle, ha la parte superiore del corpo con fattezze umane mentre l’estremità inferiore sembra quella di un serpente. Esibisce una capigliatura molto elaborata con riccioli sulla fronte e lunghi capelli, resa con cura calligrafica come la parte anguiforme del corpo.
Colpisce il gioco delle proporzioni fra le enormi fattezze di Tritone e quelle di Eracle, che risulterà vincitore del mostro, esaltando la virtù del semidio sulla ferocia e la superbia dell’essere mostruoso.
Tutta la scena appare circoscrivibile in un riquadro preciso ben delimitato geometricamente.
Intorno alle figure appare la firma del grande ceramista (produttore dei vasi) e ceramografo Exechias, uno dei più grandi maestri della ceramica a figure nere nella regione di Atene, l’Attica, intorno al 540 a.C.
Allo stesso vaso appartengono due frammenti della bocca che reca incisa l’iscrizione dedicatoria:
Kleocrateia dedicò alla Basilìs (la dea Afrodite con l’appellativo di Regina).