La vite e l’edera: le piante di Dioniso

15 novembre 2022 15 novembre 2022

Dioniso è il dio dalle mille identità, che porta agli uomini lo scompiglio e li libera attraverso la follia. La sua natura complessa e contraddittoria è riassunta metaforicamente da due piante accomunate dalla forma lobata delle foglie: la vite e l’edera. Esse, come notava lo storico delle religioni W. F. Otto, sono come due sorelle che, «pur essendosi sviluppate in direzioni opposte, non possono celare la loro parentela». Il loro ciclo vegetativo presenta caratteri opposti e speculari: se la vite ha bisogno del calore del sole estivo per fruttificare, l’edera necessita di pochissima luce, distende i suoi rami ombrosi anche nel pieno dell’inverno e fiorisce in autunno, quando per la vite è tempo di vendemmia. Oscurità, freddezza, umidità, le caratteristiche che fanno dell’edera una sorta di doppio oscuro della vite, si trovano a convivere, nella multiforme personalità di Dioniso, con il loro opposto: calore e luce abbagliante. Dal frutto della vite, attraverso un processo di trasformazione assimilabile a una morte e ad una rinascita simboliche, si ricava la bevanda inebriante della quale il dio, sbarcato sulle coste dell’Attica, avrebbe fatto dono ad Icario per premiarlo per l’ospitalità concessagli. Se il legame di Dioniso con la vite è ampiamente noto, meno scontato ma altrettanto profondo è quello che lo apparenta all’edera, le cui foglie ornano le bende rituali con le quali il dio e i suoi seguaci si cingevano il capo: tra gli appellativi con i quali Dioniso era invocato vi era anche quello di Kissos, nome greco della pianta. All’edera, per la sua natura fredda, era tra l’altro attribuita la facoltà di mitigare gli effetti dell’ebbrezza.
Su un cratere apulo da Ceglie del Campo, attribuito al Pittore delle Carnee (fine V sec. a.C.), Dioniso adulto siede su una roccia circondato dai membri del suo corteo (thiasos): i Satiri, creature semiferine con coda e orecchie caprine, e le Menadi, le seguaci di Dioniso che, in preda alla sacra frenesia infusa loro dal dio, si abbandonano a danze sfrenate nelle solitudini montane, lontano dai centri abitati che hanno abbandonato obbedendo a un irresistibile richiamo. Dioniso, con gli stivali da cacciatore, indossa la benda rituale di lana (mitra) dalla quale spuntano alcune foglie d’edera. Tralci di questa pianta avvolgono anche l’estremità del bastone – noto come tirso, un tipico attributo dionisiaco –impugnato da una Menade impegnata in una danza vorticosa. Al bastone di Dioniso vanno invece probabilmente riferiti i boccioli o inflorescenze globose che spuntano da dietro il suo capo. Si è proposto di interpretarli come capsule di papavero da oppio (Papaver somniferum), coltivato in Grecia dall’inizio del I millennio a.C. e già noto per le sue proprietà psicotrope.

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