Il reperto di cui parliamo oggi è la fronte di una kline, ossia di un letto funebre proveniente da una tomba a camera a pianta rettangolare, ricavato nella roccia naturale e originariamente collocato su uno dei due lati brevi dell’ambiente.
Le estremità mostrano due parti più alte, che rappresentano i cuscini posti sulle testate.
I piedi visibili, solo due, ovviamente, hanno un profilo con doppia voluta contrapposta e una serie di partiture campite con elementi geometrici o vegetali stilizzati: dall’alto, un capitello con piccole volute la cui faccia visibile è decorata con un motivo a scacchiera, sopra un fusto di colonna riempito da una foglia a lobi e nervatura centrale. La porzione inferiore è decorata con un racemo vegetale a foglie laterali tratteggiato in rosso su fondo bianco. Il tratto compreso all’interno della doppia voluta ha un riquadro con motivo geometrico. Colpisce la varietà della decorazione, che a noi potrebbe sembrare anche eccessiva, ma che razionalizza lo spazio e ne evidenzia la parte strutturale.
Fine del II sec. a.C.
La necropoli di Piazza D’Armi
La kline proviene dalla cosiddetta “Necropoli di piazza d’armi”, scavata sin dagli inizi del Novecento dal direttore del Museo Quintino Quagliati. L’area corrisponde a quella antistante l’Arsenale della Marina Militare. Tutta l’area risultò essere occupata da un’ampia area di necropoli romana, con sepolture sia ad incinerazione che a cremazione. A camera decorate da dipinti murari sin sulla porta.
Il sito è particolarmente importante sia per lo studio della progressiva romanizzazione della popolazione di Taranto, attestata anche dei mutamenti nel rituale funerario, sia per la ricostruzione del paesaggio urbano della città.