La pelike è una forma di vaso chiusa, dall’orlo svasato e il corpo panciuto su piede ad anello, che si ritrova molto spesso nei contesti funerari apuli.
Il nostro esemplare, del quale si ignora il preciso contesto di rinvenimento, è stato ricomposto e integrato nelle parti mancanti da inserti di colore beige che si distinguono immediatamente dalle parti originali.
La sua decorazione è molto complessa e si collega al mito di Perseo e Andromeda, e più precisamente al suo epilogo: dopo il salvataggio della fanciulla, scampata al destino di essere divorata da un mostro marino grazie all’intervento di Perseo.
Il racconto narra che, dopo il salvataggio della principessa, i genitori Cefeo e Cassiopea cercarono di dissuadere la figlia (che avevano promessa in sposa) dal seguire uno straniero privo di status sociale e di ricchezze, ma che la fanciulla fu irremovibile nel mantenere l’impegno.
La pelike mostra Cassiopea inginocchiata, identificata da un’iscrizione, che chiede scusa alla figlia seduta invece in trono alla presenza di Cefeo e Perseo.
I due uomini si fronteggiano e Perseo sembra bloccare con una spada levata in alto il re, che viene trattenuto da un giovane.
Altri personaggi sui lati indicano l’ambientazione geografica esotica: l’Etiopia, che gli antichi collocavano favolisticamente in Fenicia.
Il registro superiore allude invece alle nozze, grazie alla figura della concordia (HOMONOIA) e ai preparativi per la cerimonia. Al centro preciso del vaso, tra le due serie di personaggi, un Erote sottolinea il lieto fine della vicenda
Due storie a lieto fine…
La pelike, attribuita al Pittore di Dario, uno dei grandi maestri dello stile tardo apulo databile fra il 340 e il 330 a.C. è stata restituita al patrimonio culturale dell’Italia dal Paul Getty Museum di Malibu, dopo che ne era stata dimostrata l’acquisizione illegale. Nel museo MArTA di Taranto diverse opere, recentemente esposte nella mostra “Mitomania” hanno attraversato le medesime vicende. Quindi, il primo lieto fine è il ritorno a casa di questi reperti, anche se il danno causato dai trafficanti illegali, che hanno distrutto il contesto e ci hanno privato di fondamentali dati scientifici, è notevolissimo.
L’altro lieto fine è nella morale del mito: una giovane donna condannata ad essere vittima della superbia dei familiari che persegue la sua volontà di seguire uno straniero in una visione di integrazione fra popoli e culture diverse.