Lo specchio in argento è del tipo “a scatola” cioè richiudibile.
Di forma circolare, ha un diametro di circa 17,5 cm. È composto da due valve circolari, delle quali una costituisce il coperchio e l’altra lo specchio vero e proprio, di metallo lucido e riflettente, unite per mezzo di una cerniera metallica anch’essa.
La superficie esterna del coperchio ha una scena legata al mondo muliebre resa a sbalzo, in argento ricoperto da una incrostazione di oro: mostra una figura femminile seminuda (una Musa o la stessa dea Afrodite) seduta che reca in grembo una maschera teatrale tra Eroti e un suonatore di siringa (in latino: syrinx). Sullo sfondo si vede una stele con una benda, edera e corimbi.
La superficie interna è invece decorata da fasce concentriche e motivi vegetali.
Lo specchio è dotato di maniglia.
Come il resto del corredo della tomba degli ori, il nostro reperto si data tra il III e il II secolo a.C.
La siringa, strumento musicale
Secondo la leggenda, Syrinx era una ninfa figlia di un dio fluviale, Ladone. Il dio Pan se ne innamorò e decise di possederla, malgrado la riluttanza della fanciulla che, devota ad Artemide, era intenzionata a rimanere vergine. Giunta presso il fiume, invocò le Naiadi che per salvarla la trasformarono in canne palustri, con le quali il dio fabbricò il flauto a più canne che dalla fanciulla prese il nome.
Certo che gli dei antichi non fanno una bella figura in questi miti, che parlano troppo spesso di ninfe e fanciulle prese contro la propria volontà e che per scappare da una violenza terribile chiedono aiuto agli dei che, invece di punire i violenti, le trasformano in elementi vegetali. Miti che parlano di una realtà feroce per il mondo femminile, molto lontano dal lusso e dalla attenzione dedicata ad Opaka Sabaleida, sepolta nella ricchissima tomba di Canosa.
