Tavoletta fittile con rappresentazione dei Dioscuri

06 aprile 2022 06 aprile 2022

Nel repertorio delle offerte votive tarantine vi sono alcune tavolette in terracotta chiamate pinakes, (pinax al singolare).
Si tratta di formelle decorate a stampo, di piccole dimensioni – il nostro esemplare misura 43 cm di altezza per 30 di larghezza – che recano dei fori nella parte superiore che servivano per appenderle.
Quello che presentiamo oggi rappresenta i due Dioscuri in posizione stante ai lati di un altare. Uno dei due fratelli sta compiendo un sacrificio versando del vino con un piatto rituale, mentre il secondo ne mostra un altro tenendolo in mano, in alto all’altezza della spalla. Entrambi recano nell’altra mano un ramo di palma, simbolo di glorificazione ma anche di collegamento con la sfera dell’Oltretomba.
In secondo piano si vede un pilastro o un altare più alto con sopra due anfore caratteristiche del loro culto, con le tipiche anse più alte della bocca del vaso. I due giovani sono raffigurati nudi con addosso solo un mantello che scende lungo la schiena, in una posa statuaria che richiama la rappresentazione policletea del corpo umano. Il loro culto deriva dalla tradizione religiosa della madrepatria Sparta, anche se i pinakes rinvenuti a Taranto si datano solamente al IV secolo a.C.

Chi erano i Dioscuri?
Erano due gemelli, nati da Zeus e Leda, in un uovo insieme alla sorella Leda: Zeus infatti aveva sedotto la donna prendendo le sembianze di un cigno. I fratelli erano però di differente natura: Castore era mortale e Polluce immortale. Quando il destino di Castore si compì, Polluce ottenne da Zeus che entrambi potessero trascorrere insieme sei mesi sulla terra e altrettanti nell’Oltretomba, alternando un giorno sulla terra e l’altro nell’Ade. Erano raffigurati come abili cavalieri e per questo erano venerati dalla gioventù aristocratica tarantina e sempre indivisibili avevano preso parte a numerose imprese, come quella degli Argonauti. Fu proprio durante una di queste avventure che Castore perse la vita.
Erano anche considerati protettori dei naviganti, che salvavano dalle burrasche.
Venerati in Grecia e successivamente anche a Roma, avevano un luogo di culto anche a Taranto, ai margini dell’agorà. Nell’angolo sud ovest dell’attuale piazza Giovanni XXIII nel 1899 fu trovata una stipe votiva con i pinakes a loro dedicati.

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