Testa di Artemide

03 gennaio 2022 03 gennaio 2022

La Testa, in raffinato marmo bianco di Paros con leggere venature, raffigura una donna dai tratti delicati.

La postura indica una leggera torsione del capo. I capelli, dei quali è resa l’ondulazione naturale, sono raffigurati con un’acconciatura complessa: sono divisi centralmente in quattro partiture, con le zone centrali e le due ciocche laterali che si riuniscono sopra la nuca in un alto chignon. L’acconciatura mostra anche la presenza di una tenia (una fascia, o un nastro) sopra la fronte. In questo punto, centralmente, la scultura mostra un foro che serviva a inserire un elemento applicato, probabilmente di metallo.

Il tipo iconografico si rifà a modelli del IV secolo a.C. e principalmente allo stile iniziato da Prassitele. Considerata talvolta un originale greco, adesso, si ritiene che la scultura sia una copia romana realizzata nel I secolo a.C. di una statua greca databile al IV sec. a.C.

Il soggetto è identificato con Afrodite o con Artemide. Quest’ultima ipotesi pare attualmente la più accreditata sulla base di confronti iconografici e non solo: il foro sulla fascia dell’acconciatura poteva ospitare un piccolo spicchio di luna, attributo della dea. Inoltre, la posizione del capo rispetto al collo suggerisce una posizione come quella di chi sta prendendo la mira per scagliare una freccia, coerentemente con l’identificazione con la dea della caccia.

Il culto di Artemide a Taranto
La dea Artemide, Diana per i Romani, assume molte sfaccettature: è una cacciatrice, è una dea casta, e, insieme al fratello Apollo, rappresentano la dualità del Sole e della Luna, del maschile e del femminile.

Nella nostra città e soprattutto nel suo territorio Artemide è rappresentata come Artemis Bendis o Agròtera (cacciatrice). Il suo ruolo di “Signora degli animali feroci” ben si spiega con la importanza della ricchezza di risorse offerta dal territorio, rappresentata appunto dalla fauna selvatica, per i coloni greci.

Tra le testimonianze del culto di Artemide presenti in città ricordiamo la dedica su un blocco di càrparo reimpiegato nel sacello, a valenza funeraria, all’interno dell’Ospedale militare marittimo e l’iscrizione rinvenuta nel corso degli scavi al Castello Aragonese che fa riferimento ad Artemide Orthìa, probabilmente riferibile al vicino tempio dorico arcaico. Un altro luogo di culto a lei dedicato è stato identificato nel 1895 in corrispondenza del tratto terminale di via D’Aquino a ridosso dell’antica agorà.

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