Digitalizzazione di 40.000 reperti open-data e open-source

01 febbraio 2021 01 febbraio 2021

La pandemia cambia e impone variazioni repentine sulla base dell’indice di contagio, tuttavia ha accelerato alcuni processi verso la digitalizzazione dei contenuti culturali, anche se la rivoluzione che riguarda la fruizione del patrimonio storico e culturale non è solo una questione tecnologica.

Eva Degl’Innocenti, dal 2015 alla guida del Museo di Taranto, uno dei primi venti musei nazionali italiani ad essere divenuto ad autonomia speciale in seguito alla riforma del MiBACT del 2014, torna a parlare di cultura come valore produttivo.

“Il Museo Archeologico Nazionale di Taranto è valore e patrimonio per tutto il mondo – dice la direttrice del MArTA – e quel valore al mondo deve tornare. Per questo il lavoro in corso, di digitalizzazione open data, di circa 40mila reperti, custoditi all’interno dell’area espositiva e dei depositi del MArTA è un’opera di restituzione alla comunità locale, a quella scientifica, e alla conoscenza mondiale che renderemo possibile attraverso dati in modalità Open, come hanno già fatto il Metropolitan Museum of Art, il Paul Getty di Los Angeles, il Rijksmuseum di Amsterdam – continua Eva Degl’Innocenti – che potranno essere liberamente utilizzati e riutilizzati, sviluppando una serie di effetti benefici di educazione e ricerca, conoscenza, valorizzazione, nonché di attualizzazione di quel patrimonio, per esempio grazie al design, all’arte contemporanea, all’artigianato, all’industria creativa in generale”.

Per la direttrice e archeologa Eva Degl’Innocenti il lavoro di emersione parte in primis dal valore di ricerca scientifica.

Per i reperti conservati nei depositi del museo, è fondamentale recuperare quella base di conoscenza che significa metterla a disposizione e in relazione con studi scientifici svolti nel resto del mondo.

Poi c’è l’approccio contemporaneo che distingue il MArTA sin dall’istituzione del suo FabLab, il laboratorio digitale creativo di stampa in 3D.

L’arte e la cultura non debbono essere elementi da cui estrarre valore passivamente,– ribadisce la direttrice del museo tarantino – ma sono risorse che ci consentono di elaborare nuove visioni, che possono ispirare l’arte contemporanea, il design, l’industria creativa, un nuovo approccio di in-coming turistico, o stilisti di fama internazionale come è accaduto quest’estate con gli Ori di Taranto e la Maison Dior. Un processo osmotico che si influenza vicendevolmente e che racconta Taranto anche e finalmente in maniera diversa.

Il progetto Open-data del patrimonio del MArTA, finanziato nell’ambito del PON FESR “Cultura e Sviluppo” 2014-2020, è un’attività che coinvolge numerose professionalità.

Da mesi infatti lavorano alla catalogazione e digitalizzazione in 2D e 3D dei reperti archeologi, fotografi, informatici e esperti di tecnologie delle due società che si sono aggiudicate l’appalto: Archeogeo e ArcTeam.

Studio, ricerca, valorizzazione, lavoro e accessibilità che pongono il MArTA all’interno del dibattito museale internazionale.

Il patrimonio custodito dalla fine dell’800 nell’ex Convento dei Frati Alcantarini di Taranto, che racconta le storie di donne e uomini che ci hanno preceduti, va narrato rendendolo un dialogo aperto, di confronto, di educazione, di ispirazione e di scoperta che possa contribuire ad un nuovo paradigma per questo territorio – dice la direttrice.

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